Di chi sono gli account social e i contenuti generati dai dipendenti?

29 Ottobre 2009

Follow my boss on TwitterEcco un punto su cui si dovrebbe riflettere e discutere di più. Oggi sono molte le aziende che cercano dipendenti (più spesso collaboratori e/o consulenti) con capacità comunicative e aggregative sul web e sui social media. Gente “introdotta”, in grado di tenere un blog e di generare contatti e opportunità e che ogni giorno prende un nome nuovo sempre più roboante. Gente in gamba, dipendenti che potrebbero fare gli imprenditori ed ai quali si richiede pressantemente questo: essere “imprenditori dipendenti”.

Ce ne sono molti, in giro. Lavorano per la propria azienda e per se stessi, e più esaltano le imprese del proprio datore di lavoro più aumentano i contatti ed il prestigio personale, in uno strano gioco di reciproco accreditamento. L’azienda si fa grande dei suoi ottimi esperti e comunicatori e gli ottimi esperti e comunicatori si fanno grandi dell’azienda che hanno alle spalle e di ciò che essi stessi producono, tessendone le lodi.

Ma ciò che queste figure producono durante l’orario lavorativo a chi appartiene? Sul lavoro prodotto da un operaio dubbi non ce ne sono, ma se il lavoro è di tipo puramente intellettuale e “volatile” come quello generato sul web e sui social media, come ci si comporta? Finché si tratta di post sul corporate blog, di comunicati stampa e di altri contributi tangibili il discorso è abbastanza semplice: sono dell’azienda, è chiaro. Ma se parliamo di un account o di una utenza social in cui il nome ed il prestigio del dipendente sia di supporto al brand aziendale?

Mettiamo il caso di un account Twitter “Pincopallo of CaioCola”, seguito da migliaia di followers, magari collegato all’omonima pagina Facebook con migliaia di fans. Quelle utenze sono di PincoPallo o di Caio Cola? E nel momento in cui le due entità dovessero dividersi ed andare ciascuna per la propria strada, cosa dovrà esserne di quegli account e di quel patrimonio di contatti? Tanto più che, come sappiamo, la vita privata e quella lavorativa di un comunicatore web (e di tutte le altre figure e definizioni all’uopo coniate) non sono quasi mai del tutto distinguibili, intrecciate come sono nel life mix di un personaggio che spesso lavora anche fuori dall’orario e dagli schemi tradizionali.

Un argomento da dibattere e da affrontare anche in sede legislativa, visto che il nostro impianto legislativo è ancora molto lontano dal 2.0 e dalla realtà lavorativa dei nostri giorni. Voi cosa ne pensate?

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Claudio Gagliardini
Esperto, formatore e relatore in Web Marketing, Social Media e comunicazione online.